19 dicembre

ARRIVO A KINSASHA

Sono circa 380 chilometri, non sono tantissimi, ma c’è dello sterrato e a dire di George, padre responsabile degli Agostiniani del Congo in Kinsasha, la strada è molto pericolosa. Parto quindi alle sei del mattino, è molto nuvoloso e sembra che possa piovere da un momento all’altro. Per arrivare al confine ci sono circa sessanta chilometri. La strada è abbastanza buona, alcuni tratti di sterrato impegnativi ma non troppo lunghi, molte buche sull’asfalto anche di grandi dimensioni. Arrivo al border dell’Angola con una marea di gente, camion, motorini, gente a piedi, tantissimi. Mi sistemo davanti al cancello, infatti sono le sette e mezza e il border apre alle otto. Tanti ragazzi vengono vicino e mi chiedono informazioni, e con un po’ di spagnolo, un po’ di portoghese, un po’ di inglese riusciamo a spiegarci. Una poliziotta i avvicina e mi fa entrare nel border. Tutti i poliziotti sono molto gentili. Velocemente sbrigo le pratiche e mi avvio verso il border del Congo. Arrivare a Kinsasha, è la prima tappa della zona che considero “rossa”, cioè pericolosa in tutti i sensi, dal Congo fino in Benin. Tantissima gente, una marea. All’ufficio immigrazione, sono già in possesso del visto, mi fanno aspettare per quasi un’ora, poi, tutto ok si passa al custom, per il carnet de passage. Li mi fanno attendere, c’è una riunione in corso e non si può disturbare, un sacco di ragazzi giovanissimi si avvicinano a me e mi chiedono da dove vengo e dove vado. Dopo mezz’ora il comandante mi chiama nel suo ufficio dandomi il benvenuto. Chiama un giovane poliziotto e lo redarguisce dicendogli che io sono un turista e devo essere trattato bene, il turista deve avere una bella impressione del Congo. Buon per me, in dieci minuti sono fuori dal border. I primi venti chilometri sono sterrati, ma non ha piovuto, quindi si viaggia bene. Incrociata la strada nazionale, mi dirigo verso Kinsasha. Lungo la strada tanti piccoli villaggi, negozi, gente che vende di tutto, meccanici, perfino barbieri. A lato della strada si notano diverse carcasse di mezzi abbandonati, camion, macchine bruciate e incidentate. La strada è bella per un centinaio di chilometri e poi per un altro centinaio piena di buche. Gli ultimi chilometri prima di arrivare a Kinsasha sono abbastanza buoni. Sono stanco, non ho dormito molto questa notte, non vedo l’ora di arrivare. L’ingresso e l’arrivo al centro missionario Agostiniano e un delirio. Kinsasha è una capitale con dodici milioni di abitanti, da quello che ho notato tutti in strada. Un traffico così non l’avevo mai visto, neppure a Nairobi, Nuova Delhi o Saigon. Con l’aiuto di un ragazzo, che sale sul sellino posteriore della mia moto, arrivo dopo ben due ore e mezza al centro missionario. Sono stanchissimo. Mi accoglie Eric, un ragazzo di colore che studia per diventare prete agostiniano. E’ gentilissimo, e dopo aver fatto una doccia mi accompagna per fare una scheda telefonica, così comunico a casa del mio arrivo. Si cena presto ed io stanco morto alle otto sono già a letto, domani si va all’ambasciata del Camerun.

mappa1