Parto da Khiva al mattino presto, verso le 07.00, dopo aver sistemato i bagagli e aver fatto colazione. Lascio Khiva con un po’ di dispiacere, mi ha lasciato una bella impressione. La strada per Bukhara, mia prossima meta, per i primi 100 km è brutta, mi ricorda un po’ quelle del Turkmenistan. Poi per 300 km, in pieno deserto, è a quattro corsie, con la pavimentazione in cemento, perfetta e poco trafficata. Gli ultimi 100 km c’è nuovamente asfalto in rovina.

Arrivo a Bukhara, faccio un bel giro della città vecchia e un poliziotto molto gentile mi fa entrare in moto, così posso fare qualche ripresa e qualche foto. Mi fermo a bere qualcosa in un internet-caffè, per poter comunicare con gli amici. Poi faccio una considerazione:«E’ vero, questa città è molto bella e meriterebbe una visita approfondita, ma io devo essere al confine Kirghizistan – Cina almeno per la mattina del 17 luglio, non posso rischiare di non arrivare!». Così decido di arrivare a Samarcanda, fermarmi un giorno per visitare la città e riposarmi prima del mese più intenso e impegnativo del viaggio: le montagne dell’Himalaya fra Cina, Pakistan, India e Nepal.

A Samarcanda mi fermo in una banca a cambiare denaro locale. Loro non cambiano dollari, ma un poliziotto di guardia all’esterno della banca mi indica un negozio dove mi possono aiutare. Intanto si preoccupa di guardarmi la moto. Al mio ritorno ringrazio e mi dirigo verso l’albergo che mi ha segnalato Matteo, sempre presente nel momento del bisogno. Arrivo velocemente all’Hotel Marokant, è in centro. Ci sono anche quattro francesi in bicicletta che vanno a fare il Tajikistan, la famosa Pamir Highway. Due di loro dovrei forse incontrarli di nuovo in Vietnam. Uno di loro, parla bene l’italiano e allora decidiamo di andare a mangiare qualcosa in un ristorante tipico frequentato da gente locale. Al rientro, sistemato un po’ di cose e di bagagli, vado a letto. È stata una giornata lunga e intensa, ma piacevolissima, come sempre in questo viaggio!