Oggi mi dirigo verso la frontiera in uscita dal Kirghizistan, dove incontro due motociclisti francesi, marito e moglie che fanno il mio stesso viaggio, fermandosi però in Indocina. Insieme ci dirigiamo verso il confine cinese, dove devo incontrare Alim, una persona incaricata dall’agenzia. Oltre a loro si sono aggiunti sei ragazzi slovacchi, con due Lada rosse. Ci fermiamo in un grazioso ristorante sulla strada per mangiare qualcosa, ma discuto un po’ con Alim, il quale sostiene che devo pagare albergo, documenti e tutto il resto. Per fortuna mi sono fatto una copia del contratto e gli spiego che non è assolutamente così. L’accaduto mi infastidisce parecchio!
Dopodiché arriviamo al custom: lunghe attese, disinfestazione della moto con vari liquidi, controllo a ultrasuoni per identificare eventuali materiali esplosivi o armi. Devo persino abbandonare la moto per una notte. A quel punto Alim mi accompagna assieme a due ragazzi in un hotel fatiscente in città. La sera usciamo tutti insieme a mangiare. Si parla solo inglese e anche se il mio non è scorrevole fanno qualsiasi cosa per mettermi a mio agio: sono simpatici e di compagnia.
All’ingresso dell’albergo ci sono il Metal detector e un poliziotto. L’impressione non è molto felice, sembra di essere in uno stato di polizia. Polizia e controlli sono ovunque. La Cina non mi fa un’impressione positiva. Per nulla. Le persone sono schive e antipatiche. Nessuno sorride, ti guardano tutti con sospetto, ma spero sia solo una prima ed errata impressione.