Ogni dieci minuti guardo l’ora, ho messo il telefono nel riso la notte e lo stratagemma ha funzionato…riparte! Alle 7.00 mi preparo e mi avvio verso il border…lo so, apre alle 8.00, ma non riesco a riposare, quindi è meglio che vada! Faccio colazione in un ristorantino, dove c’è una signora sulla sessantina, molto gentile, che mi prepara la colazione. Io mangio poco, sono troppo agitato.

Alle 7.55 mi avvicino agli uffici. Presento il mio passaporto. Un poliziotto mi gela subito:«La moto dov’è?». Io cerco di mantenere la calma e rispondo che è li vicino. Lui mi chiede il permesso, io rispondo che non ce l’ho. Lo supplico di farmi uscire comunque dalla Tailandia, sono dieci metri. Niente. Resto lì un’ora a spiegare le mie ragioni, ma non c’è storia…di qui non si passa!

Sono le 9.30, decido di rientrare a Mae Sot e di aspettare con gli altri permesso. Sono deluso, abbattuto, malinconico. Spero solo che durante il rientro a Mae Sot non mi fermino per chiedermi il permesso, altrimenti dopo il danno anche la beffa. Mi guardo intorno e mi dispiace non aver potuto visitare questo paese. Le città sono ordinate e pulite, i campi sono coltivati a riso, alberi di banano e piantagioni di palme da cocco. Tutto incantevole, se solo non avessi la spada di Damocle del permesso sul collo.

Verso le 15.30 sono in albergo, scarico tristemente la moto, mi cambio e mi fiondo veloce al border. Il poliziotto mi viene incontro e mi chiede dove sono stato. «Dal meccanico!». Sollevato per il mio rientro, il poliziotto mi chiama un taxi per rientrare in albergo. La sera si va a cena con tutto il gruppo, racconto un po’ la mia avventura. Ci si organizza per il giorno dopo con Fabio, Maurizio e Luigi per andare qualche giorno a Bangkok. Penso che sia una buona cosa, sono troppo amareggiato ed è meglio che cambio aria per qualche giorno.